27 marzo 2020

Domande su domande

 

Cari parrocchiani e lettori da alcuni giorni risuonano nella mia mente queste parole del Vangelo: 38 Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell'arca, 39 e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio dell'uomo. 40 Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. 41 Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata. Sono i versetti del capitolo 24 del primo evangelista e farne un parallelo storico cronologico è quasi naturale. Il passo va letto certamente nel suo contesto integrale ma queste parole fanno rabbrividire e le domande nascono in quantità: sono questi i tempi della rivelazione? Sono questi i tempi della “mietitura biblica” in cui Dio manderà i suoi Angeli a falciare il campo? E’ giunto il tempo della parusia? (seconda ed ultima venuta di Gesù). E’la fine del mondo? La storia insomma non fa che ripetersi. Converrete con me che la nostra fede in materia è pulviscolo sulla bilancia e difficilmente riesce a dare risposte esaurienti a questi interrogativi. Io stesso nonostante il Ministero Sacro arranco nel comprendere ma di una cosa sono certo: Dio non pretende che “capiamo” ma che ci “fidiamo “di Lui. Venendo al momento tragico attuale dove la popolazione sembra essere decimata da questo schifoso virus (passatemi l’aggettivo) ci si domanda Dio dove sia, perché non intervenga, perché ci abbia dimenticati. Domande che si aggiungono a domande senza trovare risposta alcuna. Casualità, colpa di alcuni Stati canaglia, peccato umano con annesso il castigo divino e così via via sembra non giungere mai una conclusione, una parentesi aperta senza chiusura. Entriamo ulteriormente in profondità: possiamo ancora oggi chiamare Dio Padre, buono, misericordioso, pietoso? Come può un Dio così permettere che decine di medici, infermieri, personale sanitario, anziani muoiano e muoiano in una situazione di completo abbandono famigliare? Come è possibile che non protegga un medico che rischia la vita per senso civico e cristiano? Come può lasciare che un Suo sacerdote rinunci alla terapia intensiva per permettere che un altro paziente più giovane possa vivere al proprio posto? Perché permetti la guarigione di un centenario e lasci che un bimbo non ce la faccia? Dove sta la giustizia? E infine è mai possibile che la scienza sia pronta a “creare” un uomo in laboratorio e non trovi un antidoto ad un virus? Ancora domande in aggiunta a domande e la fatica nel ricercare risposte prosegue . Tornando al passo biblico oggi in minima parte ci consola il fatto che non siamo ancora giunti ad un 50 % e tutti ci auguriamo che ciò non accada mai ma il pensiero a quell’uomo che lavora nel campo e a quella donna che macina alla mola i quali saranno presi ci congela il sangue e riflettere sul criterio Dio nella scelta di chi prendere e chi lasciare. Sarebbe comodo, stupido e drammaticamente banale pensare che i morti affetti da coronavirus siano tutte persone cattive e meritorie di castigo, in realtà non esiste logica: i media quotidianamente ci riportano testimonianze di martiri che donano la propria vita, migliaia di esempi di fede e civiltà ribaltano una fragile elementare teoria di cui sopra. Ma allora dove possiamo trovare queste benedette risposte così da placare la nostra sete di verità! Fiducia, ecco la nostra risposta. Lo so che alcuni di voi potrebbero obbiettare che razza di risposta è ! Non è ne una risposta ne tanto meno un termine consolatorio e appagante. Io penso però questo sia vero solo se lo intendiamo da un lato esclusivamente umano e razionale, come se alla domanda quanto faccia due più due noi rispondessimo 4 e non 7, 9 o 64. Queste credo siano le risposte giustamente dettate dalla ragione ma non dal cuore. Le “cose di Dio” e la storia si affrontano miscelando ragione e fede senza separarle privandone l’una dall’altra. E’ proprio la fiducia in Gesù che ci permette da un lato di non capire ma dall’altro di non sprofondare. E’ la fiducia nel Signore che fa sì che oggi le coscienze dormienti siano risvegliate. Guardate come la preghiera sta risorgendo in famiglia, guardate come sia cresciuto il desiderio di partecipare alla Messa, come sia stata rivalutata la fraternità e la libertà, il desiderio di donarsi, ecc. Queste sono le risposte giuste alle domande perché sono gli unici atteggiamenti che ne appagano la nostra ricerca. In questo tempo dove impera la separazione umana i social ci mostrano come tutto questo sia marcato: anche i più lontani cattolicamente parlando si affidano a preghiere, video religiosi, testi che fanno vibrare i cuori. Se da un lato il Covid 19 ci ha separati fisicamente altrettanto non è riuscito a farlo umanamente e spiritualmente. Dal dopoguerra in poi mai come in questo periodo l’uomo sente il desiderio di tornare a Dio e al Suo vangelo. Ci siamo accorti che tante volte, spesso, abbiamo perpetrato quotidianamente il peccato originale, quello di essere noi Dio e quindi decidere noi cosa fosse giusto: abbiamo trascurato la preghiera, le famiglie, non abbiamo più fatto figli per non privarci del benessere, abbiamo avuto paura di accettare il richiamo di Gesù nel consacrarsi, di sposarci, di mettere al primo posto l’economia a discapito di valori fondanti della società cristiana, ecce cc. Anche gli accorati appelli del Papa abbiamo ritenuto fossero superficiali e solo oggi riscontriamo quanto fossero fondamentali. Insomma, questo risveglio coscenziale a mio modesto parere credo sia il farmaco non solo contro il coronavirus ma contro ogni forma di virus biologico e non. Se sapremo ascoltare i nostri cuori con fede le domande sopra elencate credo non interessino più. E’ vero continueremo a soffrire per i migliaia di morti nella più profonda solitudine, attoniti e sgomenti davanti a stuoli di bare su mezzi militari, ammalati, anziani, medici, infermieri investiti dal dolore ma non ricercheremo più risposte umane a domande umane. Confidando nel Signore e auspicando che perdoni le nostre lacune, cordialmente vi saluto e che Dio ci benedica.

                                                                                                           Don Andrea

 

 

 

17 marzo 2020

La trincea invisibile, lettera agli Alpini vercellesi.

 

Carissimi Alpini della Sezione,

vorrei condividere con voi un pensiero personale sul periodo storico che la nostra Italia e il mondo tutto sta vivendo oggi. Parto dal titolo di cui sopra il quale credo faccia riflettere. Il termine “trincea” riporta alla memoria epoche belliche passate dove i nostri nonni e i nostri padri diedero un valoroso contributo per garantire alla generazione attuale “la libertà”. Gli Alpini in modo particolare, da sempre in prima linea al fronte, pagarono nelle due guerre mondiali passate un prezzo altissimo dal punto di vista delle perdite umane. Spero di non essere smentito se dico che le penne nere, seppur con la paura nel cuore, non si esimerono dal senso del dovere e per la salvaguardia dei valori umani. Oggi sono trascorsi alcuni decenni da allora e grazie a Dio all'orizzonte non si scorgono conflitti, o meglio, non come li abbiamo sempre intesi. Eppure i media sia cartacei, video  e social utilizzano il linguaggio bellico per descrivere il nemico in corso, il covid 19 o coronavirus. Ecco allora, riallacciandomi al titolo, all’aggettivo “invisibile”. Come si fa a combattere un nemico che non si vede? Come si può infangarsi in una trincea che non è individuabile? Invece penso che l’epoca attuale stia vivendo una  battaglia in cui i fattori in campo siano ben delineati: il nemico si chiama virus e anche se ad occhio nudo è impercettibile sappiamo essere radicato e ahimè anche letale. Le trincee invece penso siano essenzialmente due: gli ospedali e le nostre case. Profonda gratitudine e ammirazione ai “soldati” dal camice bianco per la testimonianza umana e cristiana che stanno dimostrando e permettetemi, anche se non esistenzialmente equiparabili,  un plauso e una preghiera ai milioni di anziani, ammalati e bambini che quotidianamente vivono nella trincea domestica dove  il nemico virus si sdoppia in senso di solitudine, smarrimento e dolore. Probabilmente anche tra alcuni di voi sono presenti questi sentimenti e sono più che giustificati. Ma noi siamo Alpini, siamo gente abituata al lavoro, al senso del dovere, all’altruismo, al dono di se. Allora anche se con i capelli bianchi portiamo avanti il nostro spirito alpino che profuma di speranza. Sguainiamo la nostra penna nera che neppure la tormenta riesce a fa volar via. Testimoniamo col sorriso e con la nostra presenza nonostante qualche piccolo o grande sacrificio “l’alpinità” marchio doc italiano. Mentre scrivo, scorgo avanti a me nella mia libreria, il volume che ritrae lo storico 21° raduno alpino dell’ottobre 2018. Non nascondo tristezza e nostalgia nello sfogliare quelle pagine piene di bellezza nello stare assieme, vicini. Questo tempo non è così: il nemico virus ci vuole dispersi, sfilacciati, soli, esattamente l’opposto del nostro DNA. La speranza, l’amore e la preghiera sono le migliori “armi” a noi in dotazione. In conclusione desidero rivolgere a voi Alpini della Sezione di Vercelli il mio più caloroso saluto fraterno e la mia vicinanza nella preghiera. Con riconoscenza per l’impegno profuso desidero altresì rivolgere il mio ossequio al Consiglio, al nostro Presidente sezionale Piero Medri e a tutti gli Alpini vercellesi in protezione civile e soccorso sanitario. Rispettiamo le normative dettate dal Governo, il nostro profondo senso civico lo impone !

Viva gli Alpini, viva Vercelli, Viva l’Italia. 

 

Dio vi benedica                                                                                        Don Andrea Matta Cappellano Sez. Alpini Vercelli

                                                                       

 

 

17 marzo 2020

Che non ci lasci la speranza e continuare a credere nell'amore di Dio

 

                                                                                                         don Fabio 

13 marzo 2020

 

Lettera ai parrocchiani e fedeli della comunità pastorale

 

Carissimi,

la situazione pandemica in corso sembra avanzare in modo incontrollato. Le disposizioni emanate dal Governo e dalle Autorità competenti ci invitano ad osservare scrupolosamente restrizioni a cui nessuno è abituato. La libertà, che è il bene più grande sia laico che religioso oggi appare minata. Anche la Chiesa “istituzione” come ben sapete  ne è allineata: abrogata ogni forma di preghiera in presenza di popolo di Dio. Noi Sacerdoti pregando e celebrando in forma privata vi portiamo nel cuore, uno ad uno partendo da voi anziani, voi ammalati e voi bambini. Nella nostra offerta a Dio presentiamo voi medici, infermieri, operatori sanitari che quotidianamente dimostrate dalla trincea cosa significa essere fratelli in Cristo. Non scoraggiamoci, confidiamo in Dio e nella scienza, ascoltiamo le normative in corso e tutto andrà bene. Nello smarrimento e sconforto generale che constato tra di noi rilevo altresì una forte voglia di riscatto. Forse generalizzando, stiamo vivendo il passaggio, a mio parere, da una forma di fede abitudinaria e blanda ad una più matura più vera. Sui social apprendo e condivido il desiderio di voler pregare, di partecipare alla Messa, di stare uniti. Non mancano anziani che al telefono mi confidano, talvolta commuovendosi, la sofferenza di non potere andare più a Messa o di confessarsi. Anche i bambini con i loro disegni “andrà tutto bene” appesi ai cancelli e balconi di casa sono la testimonianza di come sia bello stare assieme e di quanto ci manchi tutto questo. Anche la catena di solidarietà tra associazioni e gente comune che si prodigano per i più deboli e soli come gli anziani attestano che il dono di sé per gli altri è bello, è gratificante. Ecco allora che senza essere dei super eroi, semplicemente consegnando a domicilio farmaci e spesa a chi non può uscire di casa diventa molto gratificante personalmente e io aggiungo “gradito a Dio”. Ai più giovani chiedo di pazientare con la vostra “vulcanicità” avrete tempo per il gioco e lo svago comune; oggi anche a voi è richiesto un sacrificio per il bene di altri, per favore ascoltatemi! Ai tanti anziani che vivono oggi la solitudine e spesso gli acciacchi del tempo dico “noi Preti ci siamo”! Anche se per ora non possiamo venire a farvi visita, portarvi la Comunione o semplicemente a bere un caffè sappiate che noi Sacerdoti siamo presenti e preghiamo con e per voi. Non abbiate paura di chiamarci al telefono se vi sentite soli, una parola di conforto la troveremo sempre. A tutti i genitori tribolati tra un lavoro a singhiozzo, figli a cui badare, anziani da custodire, eventuali quarantene va il nostro affetto. Ai più tecnologici dico, per restare connessi tra noi, potete consultare il nostro sito internet “comunità pastorale Arborio” o per chi volesse farne parte abbiamo anche un gruppo whatsapp a cui potete aggiungervi per conoscere le varie iniziative di preghiera e comunicazioni varie. (chiedete a me). Un grazie per l’impegno dimostrato giunga anche a voi Sindaci e Forze dell’Ordine. In comunione con il nostro Vescovo Marco, Gesù e Maria nella comunione di tutti i Santi del Paradiso ci sostengano e ci confortino nella convinzione che “andrà tutto bene”.

Dio ci benedica

 

 

                                                                                                                                               + Don Andrea